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Humira parzialmente efficace contro l'idrosadenite suppurativa

humira adalimumab

Il farmaco adalimumab può fornire un notevole sollievo a circa un quarto dei pazienti che soffrono di idrosadenite suppurativa da moderata a grave, secondo i risultati di uno studio clinico durato 36 settimane.

Tuttavia il farmaco non è in grado di curare la malattia e il suo effetto sembra affievolirsi dopo le prime 12 settimane di terapia. I ricercatori sottolineano che si tratta di una scoperta "estremamente promettente" nell'ambito di una patologia cronica dagli effetti devastanti, per la quale non è ancora disponibile una cura. I risultati dello studio sono stati pubblicati il 4 agosto nel New England Journal of Medicine.

L'idrosadenite suppurativa, conosciuta anche come acne inversa colpisce aree del corpo come le ascelle e l'inguine, dove compaiono grappoli di ascessi e pustole simili a quelle provocate da un'infezione. Questa malattia colpisce l'1% circa della popolazione ed è più comune nelle donne.

"Si tratta di una condizione spesso invalidante: le lesioni possono essere molto dolorose e l'impatto emotivo è traumatico", spiega il Dr. Jeffrey Sobell, professore di Dermatologia presso la Tufts University School of Medicine di Boston, che non ha collaborato allo studio. "Considerato il carattere devastante di questa patologia, una scoperta come questa rappresenta una vera e propria vittoria per i pazienti".

Va ricordato poi che, poiché molti medici non conoscono a sufficienza questa patologia, spesso sono necessari anni perché i pazienti ricevano una diagnosi accurata. "I pazienti finiscono per andare da un pronto soccorso all'altro, per via delle manifestazioni cutanee della malattia, senza che venga individuata la causa sottostante", ha spiegato il Dr. Sobell.

Nel primo dei test discussi nell'articolo, che ha coinvolto 307 volontari, il 41,8% dei pazienti che ha ricevuto una dose settimanale di farmaco pari a 40 mg ha notato una riduzione del 50% nel numero di ascessi. La riduzione misurata nel gruppo placebo è stata del 26% (p=0,003).

Nel secondo test, condotto su un gruppo di 326 pazienti, il farmaco ha prodotto un tasso di risposta del 58,9% rispetto al 27,6% del placebo (p<0,001).

"L'entità del miglioramento di questi pazienti a seguito della terapia con adalimumab è stata moderata rispetto al miglioramento ottenuto con lo stesso farmaco in pazienti colpiti da patologie diverse e nessuno dei nostri pazienti ha mostrato una scomparsa totale dei sintomi", scrive il team di ricercatori, guidato dalla Dr.ssa Alexa Kimball della Harvard Medical School di Boston.

Tuttavia, la Dr.ssa Kimball ha sottolineato la possibilità di ottenere un miglior tasso di miglioramento con una terapia prolungata. "Si tratta di una malattia estremamente difficile da trattare", ha spiegato la Dr.ssa Kimball, "ed è incoraggiante sapere di avere a disposizione un farmaco in grado di aiutare i pazienti che ne sono affetti. Si tratta senza dubbio di una scoperta importantissima".

AbbVie, che commercializza il farmaco sotto il nome di Humira, ha finanziato lo studio ed è stata direttamente coinvolta nello svolgimento dei test (PIONEER I e II). Nel corso dello studio non sono emersi effetti collaterali gravi.

Riferimenti:

New England Journal of Medicine 2016; 375:422-434; doi:10.1056/NEJMoa1504370