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Il giusto microbioma rende più efficace l'immunoterapia

microbioma

I pazienti con alti livelli di batteri intestinali 'buoni' rispondono meglio all'immunoterapia degli altri, forse in futuro sarà possibile manipolare il microbioma per rendere più efficaci farmaci che al momento funzionano solo su una piccola parte della popolazione.

I risultati di due diversi studi scientifici, pubblicati il 2 novembre nella rivista Science, illustrano l'importanza del microbioma (l'insieme dei microbi che vivono dentro ciascun individuo) e il ruolo da esso giocato nella patogenesi di molte condizioni, come la depressione o i problemi dell'apparato digerente.

La Dr.ssa Jennifer Wargo, coautrice di uno degli studi e afferente all'Anderson Cancer Center in Texas, spiega: "Intervenire sul microbioma è possibile e non è particolarmente complicato, perciò dai risultati di questi studi non possono che nascere nuove opportunità di cura".

Per manipolare il proprio microbioma è possibile ricorrere a diverse opzioni: in primis, cambiare la propria dieta, ma anche evitare gli antibiotici, assumere probiotici o — in casi estremi — ricevere un trapianto fecale.

I batteri 'buoni' sembrano in grado di aiutare a contrastare i tumori grazie alla loro capacità di attivare le cellule del sistema immunitario e, così facendo, spianare la strada ai farmaci PD-1, il cui compito è proprio sbloccare il sistema immunitario.

I farmaci immunoterapici hanno rivoluzionato l'approccio alla cura dei tumori, ma soltanto una percentuale ridotta di pazienti (compresa fra il 20% e il 30%) risponde adeguatamente a questo tipo di terapia e tanto i ricercatori quanto le compagnie farmaceutiche stanno conducendo studi per cercare di identificare con precisione quali soggetti siano in grado di beneficiarne maggiormente.

La scoperta di un collegamento fra la composizione del microbioma e la risposta all'immunoterapia risale al 2015, quando era stata identificata nei modelli murini. Adesso, un team di ricercatori afferenti al Gustave Roussy Cancer Campus in Francia ha analizzato i dati relativi a oltre 200 pazienti in terapia con farmaci PD-1 per tumori al polmone, ai reni o alla vescica e ha scoperto che gli individui che avevano assunto antibiotici, a causa di infezioni delle vie urinarie o ai denti, avevano peggiori prospettive di sopravvivenza.

Il gruppo della Dr.ssa Wargo, invece, ha esaminato i pazienti affetti da melanoma e ha scoperto che i soggetti che hanno risposto meglio all'immunoterapia erano quelli con il microbioma più diversificato. I ricercatori texani si sono dunque dedicati alla pianificazione di uno studio clinico che esaminerà i benefici di combinare l'immunoterapia con la modulazione del microbioma nei pazienti affetti da cancro.

Riferimenti:

Bertrand Routy, Emmanuelle Le Chatelier, Lisa Derosa, Connie P. M. Duong, Maryam Ti, et al. — Gut microbiome influences efficacy of PD-1–based immunotherapy against epithelial tumors, Science, edizione online del 2 novembre 2017; doi:10.1126/science.aan3706

V. Gopalakrishnan, C. N. Spencer, L. Nezi, A. Reuben, M. C. Andrews, et al. — Gut microbiome modulates response to anti–PD-1 immunotherapy in melanoma patients, Science, edizione online del 2 novembre 2017; doi: 10.1126/science.aan4236