La diagnostica micologica nell'ambulatorio professionale: intervista alla Prof.ssa Manuela Papini
Le patologie micotiche di cute ed annessi costituiscono un rilievo quotidiano della professione del dermatologo. La quantità di approfondimenti e comunicazioni in ambito congressuale non sembra tuttavia proporzionale alla rilevanza di questo interessantissimo campo ed è ormai di raro riscontro il dermatologo che compie diagnosi micologica nel proprio ambulatorio.
Per queste motivazioni abbiamo intervistato una eccellenza italiana nel campo delle micosi, la professoressa Manuela Papini, Coordinatore Scientifico di Sezione Clinica Dermatologica e Venereologica a Terni
INderma:
Le micosi superficiali sono patologie di frequentissimo riscontro dermatologico. Quali sono le forme emergenti?
Prof.ssa Papini:Le micosi cutanee sono forse le infezioni superficiali più diffuse in tutto il mondo. L’epidemiologia delle numerose forme di micosi varia notevolmente nei diversi Paesi del mondo e nel tempo, in funzione di molti fattori, da quelli ambientali, alle condizioni socio-economiche, ai movimenti migratori, alle abitudini di vita, allo stato generale del soggetto (immunodepressione, diabete, altre malattie favorenti). Molti di questi fattori sono strettamente connessi tra loro.
Un esempio paradigmatico è sicuramente l’epidemiologia della tinea capitis. Negli anni ’70-’80 del secolo scorso, la tigna del capillizio in Europa occidentale era abbastanza comune tra i bambini in età scolare e causata in oltre il 90% dei casi dal Microsporum canis. Attualmente, l’epidemiologia di questa dermatofitosi è cambiata ed è divenuta molto diversa in nazioni europee, quali l’Italia e la Spagna da un lato e il Regno Unito e la Francia dall’altro, che apparentemente hanno condizioni socio-economiche e stili di vita del tutto simili. Nel nostro Paese, come in Spagna, la tinea capitis ha oggi una frequenza relativamente ridotta rispetto al passato e continua ad essere causata soprattutto dal M. canis, mentre in Francia e nei paesi nord-europei la maggior parte dei casi di tigna è causata da miceti antropofili, quali il Trichophyton violaceum e il T. tonsurans, reintrodotti in Europa con le migrazioni dall’Africa e dall’Asia, e mostra un andamento endemico-epidemico nelle scolaresche e nei nuclei familiari di ceto sociale medio-basso.
Attualmente, in Italia, le micosi cutanee emergenti sono sicuramente la tinea pedis e le onicomicosi, soprattutto quelle dei piedi. Entrambe sono favorite da molteplici fattori ambientali e da alcuni stili di vita sempre più diffusi tra la popolazione: l’uso di calzature occlusive (scarpe antinfortunistiche, scarpe sportive) e la condivisione di impianti igienici tra più persone (luoghi di lavoro, impianti sportivi e ricreativi). Anche l’allungamento della vita media favorisce notevolmente queste due micosi, sia per l’aumento progressivo dell’esposizione al contagio, sia per la frequente presenza nell’anziano di comorbidità predisponenti, quali diabete, insufficienza vascolare periferica, immunocompromissione. Tinea pedis e onicomicosi, peraltro, sono strettamente legate tra loro: il 20-30% dei soggetti con tinea pedis hanno anche una o più unghie malate e oltre il 70% dei pazienti con onicomicosi presenta anche una tinea pedis, spesso minima o misconosciuta.
INderma:
Le onicomicosi costituiscono il 30% di tutte le forme micotiche superficiali ed il 50% di tutte le onicopatie, quando il trattamento sistemico è giustificato e come deciderne la durata?
Prof.ssa Papini:La terapia di qualsiasi malattia cutanea dovrebbe essere, come dicono gli anglosassoni, tailored on the person, ovvero scelta “su misura del paziente”. L’onicomicosi non fa eccezione. Nel decidere la scelta della terapia topica o sistemica si devono considerare la localizzazione e il tipo di onicomicosi, il numero di unghie colpite, l’agente eziologico, le condizioni generali del paziente, le eventuali terapie sistemiche in uso che potrebbero interagire con gli antimicotici orali, ma anche preferenze del paziente, le sue capacità di eseguire correttamente la terapia e gli aspetti economici (terapia orale dispensata dal SSN, terapia topica totalmente a carico del paziente). Questi ultimi fattori possono essere determinanti per l’aderenza alla terapia e quindi per il successo terapeutico.
In generale, le linee-guida italiane ed europee consigliano di impiegare sempre la terapia sistemica in tutte le forme di onicomicosi da dermatofiti, tranne nella forma bianca superficiale per la quale è sufficiente la terapia topica. L’antimicotico orale di prima scelta in queste forme è la terbinafina 250 mg/dì e la durata del trattamento consigliata è di almeno 12 settimane per le unghie dei piedi e 8 settimane per le mani. L’itraconazolo può essere vantaggioso quando si voglia attuare una terapia pulsata, somministrando 400 mg/dì per una settimana al mese per almeno 2 cicli per le mani e 6 cicli per i piedi. Il periodo di trattamento che consigliano le linee-guida è, naturalmente, solo indicativo, perché inrealtà deve essere adeguato, caso per caso, in base alla risposta terapeutica.
Nelle onicomicosi da muffe, la scelta della terapia dipende molto dall’agente eziologico; molte muffe (Aspergilli, Scopulariopsis) rispondono alla terbinafina o all’itraconazolo orale, ma alcune (Fusarium) sono spesso resistenti e in questi casi occorre spesso associare l’avulsione della lamina ungueale (chimica e/o chirurgica) con un’accurata terapia topica.
Nelle onico-perionissi da lieviti delle mani la terapia topica è spesso sufficiente, ma in caso di insuccesso, la terapia orale di prima scelta è quella con itraconazolo, in schema continuativo (200 mg/dì per almeno 6 settimane) o pulsato.
Anche quando si decida di adottare una terapia sistemica, la terapia topica ha comunque un ruolo importante nel ridurre la contagiosità, importante soprattutto nelle forme da dermatofiti, e per accelerare la guarigione.
Importante, in tutti i casi, è la ricerca e rimozione (ove possibile) dei fattori predisponenti, spiegando al paziente l’importanza del cambiamento di alcune abitudini quotidiane, per esempio l’uso dei guanti nelle onicomicosi delle mani o l’adozione di idonee calzature per le forme dei piedi.
INderma:
E’ sempre più raro trovare colleghi dermatologi che eseguano esami microscopici diretti e colturali nel proprio ambulatorio. Quali sono le ragioni secondo lei?
Prof.ssa Papini:Gli esami micologici microscopico e colturale dovrebbero essere sempre eseguiti non solo per confermare la diagnosi, ma anche per identificare l’agente eziologico. Queste indagini sono di semplice esecuzione, ma è sempre più difficile trovare laboratori di riferimento capaci di eseguirli correttamente. Questa è forse una delle ragioni che portano molti colleghi a non richiedere tali indagini, ma molto più spesso alla base di questo comportamento c’è l’erronea
credenza che la diagnosi di micosi cutanea sia essenzialmente clinica e non necessiti di una conferma di laboratorio. Molti colleghi, inoltre, non hanno le capacità tecniche per eseguire tali indagini, perché non le hanno acquisite nel corso della loro formazione specialistica.
INderma:
Dedicare nel proprio ambulatorio una piccola sezione per gli esami mitologici diretti colturali, comporta la richiesta alla ASL qualche adempimento burocratico?
Prof.ssa Papini: Dedicare una piccola sezione per gli esami micologici nel proprio ambulatorio può essere semplice dal punto di vista tecnico, molto meno da quello burocratico. L’esecuzione dell’esame microscopico e colturale a completamento della visita e senza refertazione è fattibile, ma se si vuole eseguire “ufficialmente” degli esami micologici è necessario avere un’autorizzazione dell’ASL per l’esecuzione di indagini di laboratorio. Ogni Regione ha poi proprie normative alle quali occorre fare riferimento. Forse un buon compromesso potrebbe essere quello di eseguire personalmente i prelievi (cosa che non richiede alcuna autorizzazione particolare) e accordarsi con un laboratorio analisi già autorizzato per l’esecuzione delle indagini (eventualmente partecipando personalmente alla lettura dell’esame microscopico e colturale).
INderma:
Supponendo che un collega voglia iniziare a fare esami mitologici diretti e colturali, di quale budget ha bisogno?
Prof.ssa Papini:Il budget per allestire un piccolo laboratorio di micologia dermatologica (per il quale si deve avere comunque un locale, anche piccolo, dedicato a questa funzione) è molto contenuto. Innanzi tutto occorre un buon microscopio da studio ( in commercio se ne trovano di buoni e adeguati a meno di 1000 €) e dei semplici attrezzi per il prelievo: bisturi e/o lame monouso, tronchesi da unghie, curette monouso, pinzette da peli, provette monouso per la conservazione dei campioni. La spesa iniziale è solo questa, poi si dovranno acquistare i materiali di consumo: per l’esecuzione dell’esame microscopico occorrono solo dei vetrini porta- e coprioggetto e una soluzione di KOH al 40%; per l’esame colturale occorrono piastre di terreno di Sabouraud già pronte, che possono essere acquistate da ditte specializzate a costi intorno ad 1-2 € ciascuna.
INderma:
La ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato e cogliamo l'occasione per rendere noto ai colleghi che il 20 settembre inizierà il suo corso teorico-pratico a Terni proprio su questi argomenti.
I posti disponibili sono molto limitati; per assicurasi la possibilità di partecipare è necessario affrettarsi ad iscriversi.