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Uno studio esamina l'associazione fra neoplasie e uso topico di pimecrolimus

topical cream

È forse arrivato il momento di rivedere gli avvertimenti sull'uso topico degli inibitori della calcineurina? Il Dr. Graeme M. Lipper commenta i risultati dello studio condotto sull'associazione fra neoplasie e uso topico di pimecrolimus.

La dermatite atopica (AD) è una malattia cutanea infiammatoria cronica, dagli effetti spesso debilitanti, causata dalla combinazione di due fattori: iperattività immunitaria e compromissione della barriera cutanea. La malattia insorge tipicamente durante i primi anni di vita e causa spesso disturbi cronici del sonno, ritardo nella crescita e infezioni cutanee ricorrenti.

I trattamenti di prima linea, come emollienti e corticosteroidi topici, sono ancora insufficienti a causa della loro efficacia variabile, degli effetti collaterali dovuti all'uso di corticosteroidi (come l'atrofia cutanea) e della potenziale soppressione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. In questo contesto, il trattamento della dermatite atopica necessita di grande attenzione da parte del dermatologo, che deve bilanciare l'uso di corticosteroidi per contenere le fasi acute con l'impiego di creme e unguenti barriera nelle fasi di mantenimento. Sfortunatamente, per molti pazienti questo si traduce in un'altalenare continuo fra l'uso eccessivo di corticosteroidi da un lato ed episodi ricorrenti di eczema dall'altro.

Questa è stata la situazione fino al 2000-2001, quando l'agenzia FDA ha approvato due inibitori della calcineurina, tacrolimus e pimecrolimus, per l'uso topico. In molteplici studi controllati, condotti sia su pazienti adulti che in età pediatrica, questi inibitori si sono dimostrati efficaci e sicuri per la gestione a lungo termine della dermatite atopica.

In conseguenza dell'approvazione di questi due farmaci, l'uso topico di inibitori della calcineurina è aumentato esponenzialmente nei primi anni del 2000, fino a quando nel 2005 la stessa FDA ha frenato significativamente l'entusiasmo della comunità medica con un "black-box warning" che recitava:"Non è stata stabilita la sicurezza a lungo termine di inibitori della calcineurina per uso topico" e "Anche se una relazione causale non è stata stabilita, rari casi di neoplasie sono stati riportati in pazienti trattati con inibitori della calcineurina topici ...".

Questo allarmante avvertimento, sebbene in gran parte basato sui rischi associati agli inibitori della calcineurina somministrati per via orale nei casi di trapianto, ha drasticamente frenato l'uso degli inibitori di calcineurina per uso topico, soprattutto nella popolazione pediatrica. Il risultato è stato che per molti pazienti pediatrici le possibilità di trattamento hanno fatto un notevole passo indietro, tornando all'uso di corticosteroidi topici in monoterapia o affidandosi al successo aneddotico di rimedi omeopatici.

Ma l'allarme diffuso da FDA era giustificato nel caso degli inibitori della calcineurina per uso topico? Probabilmente no, almeno secondo i risultati preliminari di uno studio di coorte longitudinale ancora in corso, condotto su pazienti pediatrici iscritti nel Pediatric Eczema Elective Registry (PEER). Questo studio è stato disegnato specificamente per valutare il rischio di neoplasie in bambini di età compresa fra i 2 e i 17 anni che fanno uso intermittente di crema con pimecrolimus (1%) per trattare la dermatite atopica.

Ad oggi, il Dr. Margolis e colleghi hanno seguito 7457 bambini, per una media di 793g di pimecrolimus durante un periodo di follow-up di 26.792 persone-anno.In questo vasto campione, sono stati registrati ad oggi solo cinque casi di neoplasie: due casi di leucemia, un osteosarcoma e due linfomi. Non è stato rilevato alcun tipo di tumore cutaneo. Questi tassi di incidenza sono del tutto in linea con i dati forniti dal Survey of Epidemiology and End Results (SEER) e suggeriscono che non ci sia un'associazione fra l'uso topico di pimecrolimus e aumento del rischio di neoplasie.

È il momento di rivedere gli avvertimenti circa l'uso topico degli inibitori della calcineurina? Secondo i dati riportati dal Dr. Margolis e colleghi, è quanto meno arrivato il momento di riconsiderare l'avvertimento, soprattutto in considerazione del fatto che l'allarme da esso generato scoraggia i genitori dei pazienti dall'uso di farmaci che rappresentano un notevole passo avanti rispetto alla terapia con corticosteroidi topici.

Lo studio tuttavia si trova soltanto a metà del suo svolgimento, i ricercatori infatti si sono prefissi come obiettivo la raccolta di dati basati su 8000 partecipanti e 40.000 persone-anno. I dati dello studio in esame riguardano l'uso del pimecrolimus ma simili incoraggianti dati sono stati raccolti anche circa l'uso topico del tacrolimus. Infine, i partecipanti allo studio PEER hanno usato il pimecrolimus solo in modo intermittente, con una significativa variazione in termini di dose cumulativa (60-900 g), perciò è possibile che un uso più intensivo di questo inibitore topico della calcineurina possa essere associato a rischi non rilevati nella coorte dello studio.

Va tuttavia ricordato che anche l'uso frequente di inibitori di calcineurina topici è stato associato ad un tasso di assorbimento sistematico del tutto trascurabile, il che rappresenta un ulteriore dato a sfavore dell'associazione fra uso topico e insorgenza di neoplasie, secondo l'ipotesi che vede il rischio di neoplasie associato all'immunosoppresione sistemica causata da questi farmaci.

In conclusione, adesso abbiamo a disposizione dati più incoraggianti da riferire ai giovani pazienti e ai genitori che altrimenti potrebbero essere spaventati alla prospettiva di usare queste sostanze per contenere la dermatite atopica. Questo dovrebbe, a sua volta, portare a un migliore controllo a lungo termine della dermatite atopica tanto negli adulti che nei bambini. It is the responsibility of every prescribing healthcare provider to put the FDA's vague black box warning in proper context.

 

Riferimenti:

JAMA Dermatology, giugno 2015, 151(6):594-9; doi: 10.1001/jamadermatol.2014.4305