Idrosadenite suppurativa e terapia biologica
L'idrosadenite suppurativa può complicare la terapia biologica impiegata nei casi di malattie infiammatorie croniche, secondo uno studio retrospettivo condotto in Francia e in Belgio.
L'idrosadenite suppurativa spesso risponde al trattamento con agenti biologici, ma ci sono stati casi in cui pazienti in terapia con farmaci biologici hanno sviluppato idrosadenite suppurativa a seguito della terapia.
La Dr.ssa Coline Faivre dell'Hôpital Edouard Herriot di Lione, in Francia, e colleghi della Società Dermatologica Francese hanno descritto esiti di questo tipo in 25 casi di pazienti che hanno sviluppato idrosadenite suppurativa durante il corso della terapia biologica.
I pazienti in questione hanno sviluppato idrosadenite suppurativa ad una distanza media di 12 mesi dall'inizio della terapia (intervallo 1-120 mesi) e dall'esposizione iniziale all'agente biologico; in 12 casi l'agente biologico era adalimumab, in 6 casi infliximab, in 4 casi etanercept, in 2 casi rituximab e in un caso tocilizumab.
"Nella maggior parte dei casi (19/25, 76%) la malattia infiammatoria principale era sotto controllo al momento dell'insorgere dell'idrosadenite suppurativa", scrivono gli autori nell'articolo pubblicato a marzo nell'edizione online del Journal of the American Academy of Dermatology.
Undici pazienti, tutti in terapia con anti-TNF-alfa, hanno sviluppato altre malattie infiammatorie in concomitanza o ad un massimo di un anno di distanza dall'insorgenza dell'idrosadenite suppurativa.
L'idrosadenite si è risolta parzialmente o completamente dopo la sospensione della terapia o in seguito alla sostituzione dell'agente biologico (54% dei casi) e la remissione completa è stato il risultato più comune in questi casi.
Quando è stato necessario riprendere la terapia biologica per trattare la malattia infiammatoria principale, in un caso su 8 l'idrosadenite suppurativa è peggiorata anche quando è stato impiegato un agente diverso da quello originario e la proporzione è rimasta invariata anche quando l'agente alternativo apparteneva ad una diversa classe di farmaci biologici.
All'ultimo follow-up (18 mesi, in media) 14 su 24 pazienti (58%) avevano raggiunto una completa remissione.
"La maggior parte dei nostri pazienti esibiva fattori di rischio noti (fumo di sigaretta, sovrappeso) o aveva una storia clinica/familiare tale da suggerire una predisposizione allo sviluppo dell'idrosadenite suppurativa oppure si era sottoposta a terapia con agenti biologici per curare malattie infiammatorie sistemiche (morbo di Crohn, spondiloartrosi, ecc.)", spiegano i ricercatori.
"Perciò è possibile che l'idrosadenite suppurativa emerga solo in pazienti con una predisposizione preesistente, così come è possibile che essa sia collegata alla malattia infiammatoria principale per la quale viene impiegata la terapia biologica".
Per quanto riguarda la pratica, scrivono "proponiamo quanto segue:
(1) in tutti i casi, coadiuvare la terapia con un trattamento specifico per l'idrosadenite suppurativa
(2) Per casi di idrosadenite suppurativa di lieve entità (Hurley I), prendere in considerazione la possibilità di continuare la terapia con lo stesso agente biologico impiegato fino al momento dell'insorgere dell'idrosadenite, sostituendolo soltanto nel caso di una peggioramento della condizione o del suo mancato miglioramento.
(3) Per casi di idrosadenite suppurativa da moderata a severa (Hurley II o III), prendere in considerazione la possibilità di passare ad un diverso agente biologico, anche appartenente alla stessa classe di farmaci biologici. In casi in cui questo non sia possibile, continuare la terapia con lo stesso agente biologico può comunque risultare in una remissione parziale o in una stabilizzazione dell'idrosadenite suppurativa.
(4) Evitare di re-introdurre l'agente biologico responsabile dell'insorgenza dell'idrosadenite suppurativa, anche a distanza di tempo. Ovviamente, questi suggerimenti devono essere valutati attentamente, perché si basano su una ricerca condotta su un campione piuttosto limitato.
La Dr.ssa Haley Naik, dermatologa della University of California di San Francisco, ha così commentato la pubblicazione dello studio: "L'osservazione più interessante contenuta nello studio è che gli agenti biologici, molti dei quali vengono impiegati anche per trattare l'idrosadenite suppurativa, possono contribuire a far emergere la patologia quando usati in individui predisposti a sviluppare la malattia".
"L'idrosadenite suppurativa è una condizione spesso debilitante che al momento è ancora poco compresa e poco studiata", ha spiegato la Dr.ssa Naik, che non è stata coinvolta nello studio. "Perciò esistono ancora pochi trattamenti efficaci per gestire questa malattia. Attualmente vengono impiegati antibiotici sistemici o locali, interventi chirurgici, retinoidi sistemici e agenti biologici ma non esiste ancora uno standard terapeutico uniforme per quanto riguarda l'idrosadenite suppurativa".
"Il possibile ruolo giocato dai farmaci biologici nell'indurre soggetti predisposti a sviluppare la malattia è un argomento di studio molto interessante che credo debba essere studiato più attentamente", ha concluso la Dr.ssa Naik.
Riferimenti:
Journal of the American Academy of Dermatology, edizione online del 8 marzo 2016; doi:http://dx.doi.org/10.1016/j.jaad.2016.01.018Articoli correlati
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